I miracoli di Gesù

(066)

Gesù salva un giovane condannato a morte (248.9 - 248.10)

(Gesù ferma un corteo che va a portare a morte un giovane accusato di aver ucciso un uomo)

"Tu non farai nessun altro passo" tuona Gesù guardandolo con uno sguardo da miracolo che soggioga e paralizza così come rende vita e letizia, quando vuole. "Tu non fai nessun altro passo. Non credi a ciò che Io dico? Ebbene allora guarda. Qui non c'è la polvere del Tempio, nè l'acqua di esso, e non ci sono parole scritte con l'inchiostro per fare l'acqua amarissima che è giudizio alla gelosia e all'adulterio. Ma qui sono Io. E io faccio giudizio."
La voce di Gesù è uno squillo di tromba tanto è penetrante.
La gente si pigia per vedere. Solo Maria Santissima e Maria d'Alfeo sono rimaste a soccorrere la madre svenuta.
"E Io faccio giudizio così. Datemi un pizzico di polvere della via e un goccio d'acqua in un orciolo. E mentre che mi vengono date, voi che accusate, e tu che sei accusato, rispondete a Me. Sei tu innocente, figlio? Dillo con sincerità a Colui che ti è Salvatore."
"Lo sono, Signore."
"Aser, puoi giurare di non avere detto che il vero?"
"Lo giuro. Non avrei motivo di mentire. Lo giuro per l'altare. Scenda dal Cielo una fiamma che mi bruci se io non dico il vero."
"Giacobbe, puoi tu giurare di essere sincero nell'accusa e senza un movente segreto che ti spinga a mentire?"
"Lo giuro per Geovè. Solo l'amore per l'amico ucciso mi spinge a parlare. Con costui io non ho nulla di personale."
"E tu, servo, puoi giurare di aver detto la verità?"
"Mille volte lo giuro se occorre! Il mio padrone, il mio povero padrone!" e piange velandosi il capo col mantello.
"Sta bene! Ecco l'acqua ed ecco la polvere. E la parola è questa: <Tu, Padre Santo e Dio Altissimo, compi giudizio di verità per mio mezzo, acciò vita e onore siano resi all'innocente e alla madre desolata, e degno castigo a chi innocente non è. Ma per la grazia che ho agli occhi tuoi, non fiamma nè morte, ma lunga espiazione venga a coloro che hanno commesso peccato>".
Dice queste parole tenendo le mani tese sull'orciolo e con la mano inzuppata d'acqua spruzza i quattro sotto giudizio e fa loro bere un sorso di quell'acqua. Prima al giovanetto, poi ai tre altri.
Indi incrocia le braccia sul petto e li guarda. Anche la folla guarda, e dopo pochi momenti ha un urlo e si getta col volto al suolo. Allora i quattro che erano in fila si guardano fra loro e urlano a loro volta, il primo, il giovanetto, di stupore, gli altri di orrore. Perchè si vedono coperti nel volto di subita lebbra mentre il giovanetto ne rimane immune.
Il servo si getta ai piedi di Gesù che si scansa come tutti, soldati compresi, e si scansa prendendo per mano il giovanetto Abele perchè non si contamini presso i tre lebbrosi. E grida, questo servo: " No! No! Perdono! Lebbroso sono! Sono stati loro che mi hanno pagato perchè facessi ritardare fino a sera il padrone, per colpirlo sulla via deserta. Mi hanno insegnato a mentire dicendo che ero venuto avanti. Invece io ero con loro ad ucciderlo. E dico anche perchè l'hanno fatto. Perchè Gioele si era accorto che Giacobbe amava la giovane sua moglie e perchè Aser voleva la madre di costui ed essa lo respingeva. Si sono accordati per liberarsi di Gioele e di Abel insieme e godersi le donne. Ho detto. Levami la lebbra, levamela! Abele, tu sei buono, prega tu per me!"
"Tu va' da tua madre. Che uscendo dal suo languore veda il tuo viso e torni alla vita serena. E voi... A voi dovrei dire: <Vi sia fatto ciò che fatto avete>. E sarebbe umana giustizia. Ma Io vi affido ad una espiazione sovrumana. La lebbra di cui inorridite vi salva dall'essere afferrati e uccisi come meritate. Popolo di Betlem, scansati, apriti come le acque del mare per lasciare andare costoro alla loro lunga galera. Tremenda galera! Più atroce della rapida morte. Ed è pietà divina per dare loro modo di ravvedersi se vogliono. Andate!"